
Lo sport è tra i motori fondamentali di sviluppo del nostro Paese e contribuisce incisivamente sul Pil nazionale. Durante questa emergenza causata dal coronavirus la situazione non appare rosea. In particolare, lo sport di base rischia un vero e proprio tracollo. Se il mondo del calcio professionistico lancia l’allarme per i mancati incassi milionari e squadre come l’Inter che è quella che perde di più in Italia dichiara un -35% a seguito dello stop del campionato, ancora più grave è la situazione delle oltre centomila piccole realtà.
In Italia, secondo l’Istat, 20 milioni di persone praticano attività sportive con più o meno impegno, mentre i tesserati, fra Coni e enti di promozione, sono almeno 12 milioni. Attività irrinunciabili sotto il profilo educativo e della salute, ma rilevanti anche come valore economico: il settore genera l’1,8% del Pil (3,6% con l’indotto) e dà lavoro a più di un milione di persone.
Anche per questo la politica non può che considerare, oggi più che mai, lo sport una priorità nazionale. Sono stati giorni insoliti per lo sport italiano e ogni giorno sembra quello decisivo per chi spera di poter riprendere le attività ferme da più di un mese. Più che mai è importante proiettarsi fuori dall’emergenza coronavirus e iniziare a pensare al futuro.
Una preparazione compromessa che fortunatamente è stata salvata almeno in parte dalla repentina adozione di soluzioni tecnologiche che hanno permesso, ad esempio, gli allenamenti a distanza, il monitoraggio delle performance, le dirette social che hanno permesso agli atleti di rimanere in contatto con la loro fan base e con gli sponsor. Anche i club hanno avviato la nuova produzione di contenuti più o meno esclusivi per mantenere alto l’engagement dei loro fan. Le media house dei club non si sono fermate e sui social e gli altri canali proliferano le challenge, i ricordi, gli allenamenti consigliati dai giocatori, i talk e le live.
Così pure in un periodo che sta stravolgendo l’economia di gran parte del pianeta (oltre agli usi e ai consumi dei cittadini), accade che si generano nuove possibilità, anche in termini di business. Si pensi ad esempio al mondo eSport e all’industria del gaming che ha raggiunto una crescita esponenziale ed inimmaginabile prima del virus.
Anche per questo le principali aziende del settore si sono schierare in prima linea per fronteggiare l’emergenza. Fino al 3 Aprile, sarà possibile donare attraverso la piattaforma Tiltify al link: https:// tiltify.com/+italian-gaming-industry/cri-covid19 In meno di 48 ore dal suo annuncio, la campagna ha già raggiunto la cifra di 15,000€ donati. In base all’evolversi della situazione verrà valutato se estendere il periodo della campagna.
Numerosi content creator di Twitch supporteranno l’iniziativa, ogni donazione effettuata attraverso i loro canali verrà devoluta alla campagna. Durante la durata della stessa, verranno effettuati giveaway di diversi giochi e/o prodotti forniti dai vari publisher e aziende che hanno aderito all’iniziativa tramite i canali Twitch sopra indicati.
Anche i club hanno avviato raccolte fondi per acquistare dispositivi di protezione individuale o per sostenere i reparti di terapia intensiva degli ospedali e iniziative speciali di supporto alla propria comunità di riferimento, come Roma Cares con cui la AS Roma sta inviando ai propri anziani tifosi cesti con generi alimentari e di prima necessità.
Il virus ha fermato il Paese e le competizioni ma non ha fermato l’innovazione. Anzi l’ha addirittura accelerata. Proprio in questi giorni a Udine è nato il primoB2B Lab, il business-to business laboratory con oltre 150 imprenditori e manager riuniti alla Dacia Arena, con il media partner Infront, la rete di Franchising di Udinese Academies (quasi 100 in Italia), accentuando la green policy nella vita del club e la presenza nel mondo digital e degli eSport.
La Fiorentina ha invece lanciato in beta una app di gamification, un live sport quiz che permette di cimentarsi per capire quanto è profonda la conoscenza del mondiale. Perché nel calcio moderno e più in generale nello sport bisogna imparare a vincere anche fuori dal campo da calcio. Senza dubbio questa è un’occasione per farlo: storicamente le epidemie hanno scatenato delle rivolte ma al contempo favorito le innovazioni.
La crisi è sicuramente foriera di numerosi problemi che a livello istituzionale e di sistema Paese dovremo affrontare, ma ci pone davanti anche l’urgenza di immaginare nuovi scenari e di mettere in campo le migliori risorse per uscirne. Si pensi che nel campo medicale sono stati adottati sistemi di intelligenza artificiale che consentono una diagnosi a distanza della presenza di infezioni da coronavirus con un livello molto elevato di accuratezza. Così come strumenti di telemedicina basati sulle tecnologie dell’internet of things, che grazie alle connessioni 5G diventeranno sempre più efficienti e consentiranno l’esecuzione agevole di servizi di assistenza medica a distanza, senza congestionare gli ospedali.
Che rilevanza ha questo per il mondo sportivo?
Innumerevoli. Ad esempio, esistono già applicazioni e wearable che sfruttano proprio l’Iot non soltanto per il monitoraggio delle performance degli atleti, ma anche per la prevenzione degli infortuni. Tramite dispositivi piccolissimi è possibile misurare il grado di lesione o di sforzo eccessivo di articolazioni, muscoli e capire così con altissima precisione l’infortunio a cui un atleta è esposto, ancora prima che esso si verifichi. E anche la fisioterapia nonché alcune cure specifiche possono essere gestite a distanza senza per questo compromettere la massima efficacia nel recupero. Per non parlare di quelle tecnologie ancora più di semplice applicazione e utilizzo che permettono di far sì che la distanza non mini il rapporto club-tifoso o atleta-fan.
Social network per una comunicazione diretta e disintermediata con cui si ha addirittura una vicinanza maggiore: il fan entra nelle case dei suoi idoli. I club e le istituzioni, si pensi all’Inter o alla Juve TV, così come alla TV o all’app della FIFA, mettono a disposizione modalità di ingaggio e contenuti inediti per cui l’appassionato può sentirsi sempre parte di un racconto collettivo che lo coinvolge, rendendolo partecipe non solo del risultato di un match ma anche del “dietro-le-quinte” che questi giorni ci hanno sempre più spinto a condividere “senza filtri”. E chissà che questa disintermediazione e controllo degli asset di comunicazione non persista anche dopo la fine dell’epidemia, riducendo la dipendenza dai broadcaster.
Di certo sarebbe interessante vedere i suoi effetti anche in istituzioni che risentono notoriamente di un maggiore distacco con i propri pubblici, come la Lega di Serie A o il Coni. Analogamente a quanto è avvenuto in altri settori a causa dell’emergenza, si può ragionevolmente pensare ad uno scenario futuro di accelerazione nell’adozione di nuove tecnologie anche nel settore sportivo, dall’infermeria all’industria del media, all’utilizzo dei social. Nessun comparto ne è immune e indifferente. Tanto più in un periodo di contrazione economica che metterà ancora più in luce come tutte queste opportunità non sono legate alle tecnologie del futuro, ma alle tecnologie del presente che sono già esistenti fruibili a costi non eccessivi. Il limite alla loro adozione è stato finora solo culturale.
Il coronavirus ha avuto e avrà effetti non affatto banali anche sul piano psicologico e sociale, che non abbia però l’effetto positivo di “costringerci” ad aprire le porte alla tanto agognata e mai attuata rivoluzione digitale? Pur se così, questo non sarà comunque sufficiente ad una totale ripresa, il digitale da solo non è abbastanza se non coordinato, proprio dalle istituzioni sopra citate con un chiaro modello fi governance, un coordinamento tra I diversi stakeholder con un chiaro e comune obiettivo di rinascita dello sport a livello nazionale e globale per ridare al Paese non solo una passione ma anche una incisiva spinta economica.
— Articolo di Emanuela Perinetti
Emanuela Perinetti, premiata 2019: Laureata in economia e management dell’innovazione. Inizia in MasterCard contribuendo alla sponsorship di UEFA Champions League. Dal 2011 al 2017 lavora da Innovation Consultant prima a Seoul in Samsung, poi in EY Italia e nel fondo Sator. Nel 2017 a Londra è co-founder di Cucu Sports, startup di influencer marketing sportivo. Nel 2018 è stata inserita tra le 150 donne più influenti del digital italiano. Attualmente è General Manager di Sport Dots, agenzia di marketing e sportech.