Conosciamo Marcello Marzano giovane toscano che dopo la laurea in Economia e commercio a Pisa e dopo diversi anni di lavoro nelle BIG4 ha presentato le dimissioni rinunciando al tanto amato “posto fisso”, con l’idea di intraprendere la libera professione. Nel giugno 2011 apre a Pisa lo Studio MM, che oggi è diventato un riferimento in Toscana nell’ambito dello start up d’impresa e della finanza agevolata.
E’ senza dubbio lodevole aver rinunciato al “posto fisso” in una grande realtà multinazionale, per intraprendere l’attività di libero professionista, ma anche molto rischioso. Ancora prima che arrivassero i numerosi riconoscimenti, puoi dirci cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
Le ragioni sono state sostanzialmente due: in primo luogo perché non riuscivo più a sopportare che qualcuno dirigesse il mio lavoro, che potesse dirmi come farlo; avevo la presunzione di essere in grado di organizzare al meglio le mie attività, ma per farlo devi essere tu il capo e l’unico modo per esserlo è creare qualcosa di tuo. La motivazione principale fu però un’altra, quel ruolo non era soddisfacente, e non da un punto di vista economico, ma di stimoli, dopo averlo fatto per alcuni anni mi rendevo conto che volevo mettermi in gioco personalmente, conquistarmi la fiducia delle persone e rischiare in prima persona. Molti intorno a me hanno pensato che fossi pazzo e hanno cercato di dissuadermi, ma dentro di me pensai che fosse quello il momento di rischiare e grazie all’incoraggiamento delle persone a me vicine ho fatto quel passo.
Marcello, data la tua esperienza personale e professionale anche precedente, puoi dirci cosa è imprescindibile quando si pensa di avviare una propria attività imprenditoriale?
In primo luogo una buona dose di intraprendenza, altrimenti il progetto non potrà mai prendere forma, questa deve però essere bilanciata da un buon senso pratico per non perdere mai il contatto con la realtà.
E’ importante poi saper lavorare in gruppo perché è impensabile che un imprenditore possa fare tutto da solo, egli avrà sicuramente bisogno di soci o dipendenti e dovrà essere in grado di creare spirito di squadra, dovrà essere un buon allenatore.
In ultimo, ma non per importanza, credo sia fondamentale avere le idee chiare su dove si vuole arrivare e come, ma altrettanto necessario non essere rigidi e saper modificare i propri programmi se gli scenari intorno a noi cambiano. Viviamo in un’epoca in cui l’economia è molto fluida, ogni 6 mesi potrebbe essere necessario fare il “tagliando” al nostro business.
Al contrario di molti studi, adotti una metodologia nuova, che hai battezzato “start up coaching”, puoi dirci di cosa si tratta?
Molti studi sono portati a vedere la creazione d’impresa come una semplice pratica da inviare alla Camera di Commercio, da molti vi sentirete dire che per farlo basta un giorno, a mio avviso è una visione riduttiva. La creazione d’impresa deve essere un percorso che coinvolge emotivamente e psicologicamente i futuri imprenditori, è per questo che io cerco di accompagnare e guidare le persone a diventare una squadra. In primo luogo cominciamo con degli incontri con la compagine degli imprenditori e cerchiamo di capire le loro attitudini e caratteristiche, una volta definiti i ruoli li aiutiamo, attraverso la metodologia canvas, a creare il loro modello di business, li aiutiamo a scrivere il loro business plan, successivamente li accompagniamo in tutte le fasi di finanziamento (pre-seed, seed, Round A, Round B), il nostro programma di accompagnamento di una start up dura almeno 3 anni.
La rivista Wired ti definisce il commercialista delle start up, quanto ti riconosci in questa definizione?
Sin da quando ho cominciato la mia attività anziché lavorare con aziende già affermate ho sempre preferito relazionarmi e lavorare con i miei coetanei, coloro che fanno parte di quell’ecosistema delle start up che deve diventare il tessuto produttivo dell’Italia dei prossimi 50 anni.
Con queste persone, che inizialmente sono clienti ma spesso diventano anche amici e compagni di strada, cerco di condividere i loro percorsi e provo a mettere le gambe alle loro idee.
Considerati gli stimoli che mi hanno spinto a cominciare la libera professione già solo il fatto di essere inserito da Wired nell’annuale selezione degli under 35 più promettenti d’Italia è stata una cosa che mi ha riempito di orgoglio, ancora di più lo è stata la definizione utilizzata, perché sin da quando ho cominciato la mia attività avrei sognato che mi definissero così e il fatto che lo abbia fatto Wired, che nel gergo comune è “la bibbia della rivoluzione digitale”, è il non plus ultra.